Italian – Intervista sull’iniziativa di Ginevra 2003

Intervista sull’iniziativa di Ginevra

di Dottore Sami Aldeeb ([email protected])

Presidente dell’Associazione per un solo Stato democratico in Palestina/Israele

fatta da Jean-Pierre Barrois [email protected]

Traduzione di Maria De Falco Marotta [email protected]

 

www.sami-aldeeb.com

[email protected]

 

2003

 

Chi è Sami Aldeeb?

 

Dottore in diritto, Presidente dell’Associazione, è un cristiano di origine palestinese e di nazionalità svizzera. Vive in Svizzera dal 1970. Ha conseguito il suo dottorato in diritto all’università di Friburgo (1979), conseguendo, poi, un diploma in scienze politiche all’istituto universitario degli alti studi internazionali di Ginevra (1976). Lavora dal 1980 in un istituto svizzero in quanto responsabile del diritto arabo e musulmano.

 

Ha pubblicato numerosi lavori ed articoli, trattando principalmente la connessione tra il diritto, la religione e le politiche internazionali. Si trova l’elenco ed un certo numero dei suoi articoli nel suo sito: www.go.to/samipage.

 

Professore, come è nato il suo impegno in favore dei palestinesi?

 

Prima di stabilirmi in Svizzera, ho lavorato per due anni come impiegato locale della Croce rossa internazionale nella regione di Jenine. Dovevo corredare i delegati della Croce Rossa e far loro da interprete. Accoglievo e visitavo le famiglie dei prigionieri palestinesi, vedevo la miseria dei miei compatrioti. Quando sono venuto in Svizzera con una borsa di studio, mi sono detto: non mi occuperò di politica. Il mio scopo era di finire i miei studi e di ritornare in Palestina per servire meglio quelle persone. Ma vedendo gli ebrei sionisti svizzeri difendere a sproposito Israele, ho capito che non avrei potuto tacere.

 

Un giorno i sionisti hanno distribuito un volantino in Svizzera che chiedeva del denaro per fare  » fiorire il deserto « . Mi sono ricordato allora di Emmaus, il famoso villaggio biblico che Israele ha raso al suolo completamente nel 1967 dopo avere espulso i suoi abitanti. Sull’area di questo villaggio, ha poi piantato una foresta chiamata Parco Canada per gitanti con la « generosità  » degli ebrei canadesi. Israele ha cancellato così le tracce di questo villaggio per una foresta. Mi sono chiesto: quanti altri villaggi palestinesi hanno subito la stessa sorte, in seguito alla menzogna israeliana di fare  » fiorire il deserto « ? Così ho cominciato a inviare lettere ai giornali svizzeri per far conoscere la verità e i sionisti mi hanno trattato da bugiardo. Intanto, ho potuto ottenere da Padre Pierre Médébielle di Gerusalemme tre foto di Emmaus, scattate prima e dopo la distruzione del villaggio da parte di Israele. Le ho diffuse in Svizzera. I sionisti mi hanno trattato di nuovo da bugiardo. E, tuttavia, le foto sono là! Io conoscevo bene questo villaggio per averlo visitato prima e dopo la distruzione.

 

Ho deciso allora di fondare nel marzo 1987 con gli amici svizzeri un’associazione per ricostruire Emmaus. Lo scopo era di fare conoscere la storia di questo villaggio e le rivendicazioni dei suoi abitanti. Uno dei nostri membri, Christophe Uehlinger si è incaricato di verificare l’elenco dei villaggi palestinesi distrutti da Israele sulla base di carte geografiche israeliane che menzionavano espressamente sotto il nome dei villaggi il termine ebreo « harouss » che significa « distrutto”. Chiunque può vedere l’elenco in:http://w1.858.telia.com/~u85819409/altinfo/list%20localities.htm). Altri particolari in:http://www.lpj.org/Nonviolence/Sami/Album.html.

 

Ci può dire qualcosa dell’Associazione per un solo stato democratico in Palestina/Israele?

 

Emmaus è uno tra i 385 villaggi palestinesi distrutti da Israele. I suoi abitanti sono un esempio tra tanti altri espulsi dalle loro terre e dalle loro case. Con l’insuccesso degli accordi di Oslo e del foglio di via che hanno dato tanta speranza, mi sono detto che bisognava occuparsi anche degli altri profughi palestinesi. Questi due accordi, come del resto quello di Ginevra, avevano per scopo principale di creare due Stati. Con ciò gli israeliani volevano far perdere il diritto dei profughi di tornare là.

 

Ora questo non sarà accettato mai dai profughi, eterni perdenti del conflitto israelo-palestinese che hanno dimostrato di essere capaci di far fallire ogni accordo che non tiene conto del loro diritto al ritorno. Dopo tutto, Sharon il russo, e Peres il polacco, hanno il diritto di venire in Palestina, perché no agli altri profughi, visto che un tale ritorno non darebbe grandi problemi perché la maggior parte dei villaggi distrutti da Israele sono disabitati; oppure vi sono foreste nei luoghi da loro occupati, per cancellare le loro tracce?

 

A parte il problema dei profughi, bisognava arrendersi all’evidenza che la creazione di due Stati significa che lo Stato palestinese sarà a maggioranza musulmana che discrimina i non-musulmani e le donne, e lo Stato israeliano sarà a maggioranza ebraica che discrimina i non-ebrei e le donne. Infine, il territorio su cui dovrebbero stabilirsi i due Stati è grande come un fazzoletto. Tanto gli ebrei che i non-ebrei che abitano lì si sentono attaccati all’insieme di questo territorio, e hanno degli interessi economici in comune. Tagliare questo territorio in due, creerebbe solamente altre ingiustizie. In nessun caso i profughi palestinesi lascerebbero vivere in pace Israele che, al primo attentato, rioccuperà lo Stato palestinese e si ricomincerà da zero.

 

Bisogna arrendersi all’evidenza che l’unica soluzione percorribile è di mantenere un solo Stato coi diritti uguali per tutti, rigettando ogni discriminazione sulla base della religione o del sesso. Del resto, la Palestina lungo la sua storia non è stata divisa che per una ventina di anni (1949-1967). La geografia del Paese non permette la divisione. Certo, si può dire che l’odio tra ebrei e non-ebrei in questa regione impedisce la creazione di un solo Stato per il momento, ma questo odio è dovuto all’ingiustizia. Se si ripara l’ingiustizia, l’odio sparirà. La divisione del territorio in due Stati farà aumentare solamente l’odio. Se detestate vostro fratello, non è una ragione valida per tagliare vostra madre in due pezzi.

 

L’idea di creare un solo Stato è stata avanzata spesso dagli israeliani e dai palestinesi. L’OLP ne faceva il suo credo principale e il rimpianto Edward Said difendeva una tale idea. Ma nessuno è entrato nei dettagli riguardanti il quadro giuridico che doveva reggere un tale Stato. Ho capito, allora, che si doveva creare un’associazione per incaricarsi dell’idea e svilupparla. Così è nata il 15 aprile 2003 l’Associazione per un solo Stato democratico in Palestina/Israele. I suoi statuti fissano, per la prima volta, il quadro giuridico dello Stato auspicato. Si trova in differenti lingue sul nostro sito: www.one-democratic-state.org. Essi partono dal principio: « La pace sarà il frutto della giustizia » (Isaia 32:17). Nel mese di dicembre 2003, l’Associazione conta 296 membri: ebrei, cristiani, musulmani ed altri, viventi all’interno ed all’esterno sia della Palestina, che di Israele. Ogni giorno vi sono numerose persone che aderiscono alla nostra Associazione.

 

Quale è la vostra posizione al riguardo degli accordi di Ginevra?

 

La nostra Associazione ha rigettato gli accordi di Ginevra che giudica immorali perché violano le convenzioni di Ginevra ed il diritto internazionale. Essi trascurano volontariamente il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, e divide il Paese in due Stati che saranno necessariamente due regimi discriminatori. Perciò, abbiamo chiesto alla Svizzera, in nome del dibattito democratico e plurale, di finanziare un’altra conferenza che abbia in conto, il diritto al ritorno dei profughi palestinesi e la difesa per la creazione di un solo Stato democratico in Palestina/Israele. Aspettiamo sempre la risposta a queste richieste legittime.

 

Inoltre è da dire che i negoziatori palestinesi si sono fatti intrappolare dai loro interlocutori israeliani. Adesso che essi ritorneranno nel loro Paese, scopriranno che i profughi sono irritati contro di loro e minacciano addirittura di ucciderli. Ciò rischia di provocare una guerra civile tra i palestinesi. Che fare in questo caso? La nostra Associazione stima che è un dovere della Svizzera venire in aiuto di questi mediatori, offrendo loro l’asilo politico, prima che siano uccisi.

 

Quali passi vuole intraprendere la vostra associazione per realizzare il suo obiettivo?

 

La nostra Associazione ha uno scopo educativo. Vuole promuovere l’idea della pace basata sulla giustizia ed il rispetto del diritto internazionale. Stima che senza il ritorno dei profughi palestinesi nel vicino Oriente, non vi sarà mai pace. È convinta che le parti in conflitto, finiranno per adottare questo punto di vista. Inoltre, desideriamo suscitare il dibattito intorno a questa soluzione sul piano israeliano, palestinese, arabo ed internazionale, senza costringere nessuno ad adottare il nostro punto di vista, dicendo, tuttavia, che l’unica alternativa a questa soluzione, è una discesa all’inferno per tutti. E questo è confermato ogni giorno sul campo per tutti.

 

Accanto a questa promozione dell’idea di un solo Stato, non escludiamo un giorno, se il nostro numero aumenta, di proclamare un governo esiliato. È anche probabile che formiamo un partito politico composto da ebrei, cristiani musulmani, agnostici ed altro, per sostenere la realizzazione del nostro obiettivo.

 

Invitiamo ogni persona interessata alla nostra associazione che ha in mente di aderire, di riempire le seguenti domande, inviandole all’indirizzo: [email protected]

 

Accetto gli statuti in: www.one-democratic-state.org e voglio esserne membro.

Nome:

Indirizzo:

Religione:

Nazionalità:

E-mail e indicazioni personali in due linee (curriculum e funzione attuale):

 

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